Ci abbiamo sperato, ma purtroppo anche quest’anno per me e Francesco sarà un Natale lontani da Napoli. Manca casa, mancano le nostre famiglie, c’è più tristezza e malcontento dell’anno scorso in questo secondo Natale a Shanghai (come un brutto cinepanettone cui proprio non vuoi rassegnarti).
Sarà un Natale con gli amici della comunità italiana, la nostra famiglia qui in Cina. Ma se c’è una cosa che fa sentire casa un pò più vicina, è mantenere le tradizione: e allora struffoli!
Ti lascio quindi la ricetta collaudata (e approvata anche durante la cena di Natale dei Napoletani a Shanghai), ma prima qualche curiosità su questo dolce semplice ma che a quanto pare piace proprio a tutti!
Sembrerebbe che a Napoli gli struffoli ce li abbiano portati i Greci e dal greco deriverebbe anche il nome “struffolo”: precisamente dalla parola στρόγγυλος (stróngylos, pron. “strongoulos“) che significa “di forma tondeggiante”.
Sebbene questa sia la versione più accreditata c’è chi sostiene che il nome derivi dal verbo “strofinare” a ragione del gesto dello strofinare le palline per dare loro la forma giusta o perché “strofina” il palato: nel senso che lo solletica, per la sua bontà. E chi pensa addirittura che il nome “struffoli” sia da collegare allo strutto (il tipo di grasso con cui anticamente venivano fatti e in cui venivano fritti).
A Napoli un tempo gli struffoli venivano preparati nei conventi, dalle suore dei vari ordini, e recati in dono a Natale alle famiglie nobili che si erano distinte per atti di carità. Da Napoli poi gli struffoli si sono diffusi un pò in tutto il sud Italia. A Palermo si chiamano “strufoli” con una sola f, a Viterbo vengono chiamate “castagnole”, in Umbria e Abruzzo “cicerchiata”. A Taranto vengono chiamati “sannacchiudere“, mentre a Lecce “purcedduzzi” o pizzi cunfitti. A Carloforte in Sardegna, vengono chiamati “giggeri“.
La conoscevi questa ricetta? E riguardo alla questione lievito, sei team lievito sì o lievito no?
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